Paura e gestione dell’emergenza
Da qualche giorno il Covid 19 è entrato a pieno titolo nel nostro quotidiano.
Il virus che si è diffuso velocemente, diventando presto una pandemia, si associa ormai ad immagini surreali di città deserte, con attività e negozi chiusi …una situazione di paralisi momentanea che genera incertezza e paura.
Nell’ultima settimana, abbiamo assistito alle reazioni più assurde: assaltare i supermercati, andare a sciare per evadere, intasare i treni cercando di allontanarsi dalle zone “rosse”, approfittare per tornare al sud dai parenti, pensare ad un attentato o ad un complotto politico internazionale….
Da sempre l’uomo ha avuto paura di ciò che non conosce.
In queste occasioni si accende l’emozione della paura, scatta la difesa, e scattano anche comportamenti irrazionali e la diffusione delle fake news che peggiorano le cose.
Anche in natura gli animali, se si sentono in pericolo, a volte hanno comportamenti illogici che finiscono per aggravare la situazione.
Di fronte a un grande pericolo imminente qualcuno si paralizza, sperando di non essere visto dal pericolo, qualcuno scappa pensando di sfuggire, qualcuno si attrezza per combattere. Le persone non reagiscono in modo uniforme a queste avversità: molti, colti da disagi o disadattamento, sviluppano ansia, paura, depressione.
Ma cos’è la paura? Molti anni fa il presidente degli Stati Uniti Franklin Roosevelt disse che “L’unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa”, concetto ormai condiviso da molti, anche se non facile da mettere in atto!
Ma allora che fare?
Affrontare l’emergenza e le maxi-emergenze, secondo la mia esperienza nelle varie missioni a cui ho partecipato in qualità di psicoterapeuta, dove ho visto situazioni di malattia, fame e guerra, mi ha insegnato che la paura potrrebbe produrre effetti negativi. La paura esiste, va riconosciuta, accettata solo se serve a “tenerci all’erta”, altrimenti potrebbe tramutarsi in panico, ovvero paralizzarci.
Il supporto di noi psicoterapeuti in questi casi è sempre stato fondamentale per questo motivo: aiutare a capire il momento, a prendere le distanze da ciò che è successo, a pensare diversamente, per agire nella giusta prospettiva, permettendo alla comunità di incanalare le energie positive e portare avanti i progetti.
Per prima cosa, prendere atto della propria paura, anche perché la paura è contagiosa. Il nostro cervello comunica attraverso i “neuroni specchio”, quelle cellule che per dirla in breve, consentono di entrare in empatia con gli altri. Quindi, se il nostro cervello è predisposto, può avvenire anche il contagio emotivo, che in certi casi non è meno pericoloso di quello infettivo.
In questo momento di isolamento forzato, i social la stanno facendo da padroni. Ricordiamoci che far circolare punti di vista spesso personali e sbagliati può diffondere anche un altro tipo di virus: proprio la paura collettiva.
Pensiamo invece che si tratta di uno strumento importantissimo! Anche l’aspetto sociale della tecnologia ci può aiutare a risolvere problemi e a stare insieme. Con gli strumenti a disposizione possiamo lavorare, fare progetti, comunicare.
Prendiamoci un momento di riflessione e meditazione collettiva che possa davvero aiutarci a rigenerare un sacco di abilità sociali che ci possono condurre ad una vita di maggior benessere.
Marco Cicotti